Elegance

Gabriele d’Annunzio: poeta di Lusso

Gabriele d'Annunzio

Io sono un animale di lusso, il superfluo m’è necessario come il respiro.

Esteta raffinato e di animo nobile, Gabriele d’Annunzio fu grande amatore, poeta incorruttibile e dandy di un bello a lui indispensabile nella creazione della sua più grande opera d’arte: la sua vita. 

Con lo spirito di un novello Petronio, a soli diciannove anni, Gabriele d’Annunzio si fece strada nell’elite della Roma umbertina a cui aspirava e alla quale voleva porsi come modello di stile e di vita.

Suscitò scalpore e ammirazione tra il popolo romano attraverso la sua attività di reporter di costume, estremamente evocativa e di grande genio stilistico. Scrisse per i quotidiani più in voga tra l’alta società, tra cui La Tribuna,la Fanfulla della Domenica e La Cronaca Bizantina. L’arte della parola e le sue minuziose attenzioni nel descrivere la mondanità romana e le mode culminarono nell’opera Il Piacere, che esaltò a pieno il suo senso estetico e il suo vivere inimitabile alla costante ricerca del piacere.

D'Annunzio nei giardini del Vittoriale

Nasceva così lo straordinario stile di d’Annunzio, che si affermò come Arbiter Elegantiae. Divenne modello e ispirazione dei salotti mondani della capitale e della moda dell’epoca.

L’educazione estetica del mio spirito mi trascina irresistibilmente al desiderio e all’acquisto di cose belle.

Il guardaroba del poeta era degno del suo appellativo “animale di lusso”, dotato d’impeccabile eleganza e ricercatezza. Creò uno stile nuovo, di pregiata sartoria italiana, che pose le basi del “Made in Italy”.

Le più importanti maison dell’epoca si accingevano a commissionare gli abiti ordinati da d’Annunzio, dai Belloni di Milano, i De Nicola di Napoli, i Lanutti di Roma fino alla prestigiosa casa parigina Hermès. Centinaia di camicie e pigiami di seta, cravatte, cappelli, vestaglie a saio in stile Balzac, smoking, divise militari, paletot a tre bottoni e scarpe, i cui pellami pregiati erano scelti direttamente da d’Annunzio.

Instancabile ricercatore di tessuti e fogge, si adornava di velluti e sete lussuose, come i meravigliosi broccati di Giuseppe Lisio e i tessuti sognanti di Mariano Fortuny. Orgoglioso delle sue creazioni stilistiche, vi fece apporre su di esse l’etichetta: “Gabriel Nuntius Vestiarius fecit”.

D'Annunzio nell'Officina intento alla redazione del Notturno

La seta fu particolarmente amata dal Vate, un tessuto etereo che per lui richiamava la voluttà, il sogno, la sensualità. Disegnava lui stesso i motivi e i disegni da apporvi nei colori “eroici fiumani”, rosso e azzurro. Le sue istruzioni minuziose erano poi inviate alle prestigiose case di moda di Milano e Parigi, tra cui quella di Paul Andrée Léonard a Milano.

Gli abiti di d'Annunzio nell'allestimento del nuovo museo

Fastosi foulard e “vesti magiche” furono realizzati per le sue numerose amanti. Donne mondane, disinibite, raffinate e di sensualità estrema suscitavano l’interesse del poeta, tra cui la celebre Marchesa Casati, la pittrice polacca Tamara de Lempicka, la danzatrice Isadora Duncan e la pianista veneziana Luisa Baccara.

Vestire le sue femmes fatales era, per d’Annunzio, un vero e proprio rituale di piacere; curava con attenzione maniacale i dettagli, gli accessori e gli abiti con i quali dovevano mostrarsi al suo cospetto.

Era in grado di trasformare donne ordinarie in donne fatate con queste vesti preziose in seta dai colori tenui, vestaglie in velluto e broccato, sottoabiti in organza con pizzi e crespi di seta rosa, chiffon e taffettà di seta azzurra dalle delicate trasparenze.

Come le perle, certe stoffe han bisogno di vivere su la pelle, su la carne, sul corpo di una donna magnetica, per rilevarsi nella lor bellezza ricchezza leggerezza.

Gabriele d’Annunzio esigeva che i corpi fossero avvolti da profumi; le sue amanti indossavano Chanel n.5 e calze di seta purissima che per lui erano uno strumento di acuta seduzione: Tanto sottili che rivelano anche la lanugine più lieve… Come nell’orlo di certi vasi di Murano, il filetto azzurro o violetto o di rosso corallo…”. Eleonora Duse

Solo una donna non si sottomise mai a questa dittatura di piacere, l’attrice Eleonora Duse, la donna più importante nella vita del poeta che incarnava perfettamente il suo ideale di donna.

Uno scenario sfarzoso in cui il Vate ricopriva il ruolo di un principe del Rinascimento, esemplare supremo e artefice instancabile della propria leggenda. Rappresentò la sua vastità e suprema eleganza nel vivere e nel dire: Nativa, severa, compita, vereconda”. 

Ho tratto da me l’uomo ch’era in me. Quanti vi riescono?

Pia Antignani

2 Comments

  • Antonio

    Tra gli articoli sul Vate più belli che abbia mai letto. Un lessico elegante che trasporta e rende reale ciò che si legge. Sempre brava l’incantevole scrittrice Pia.

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