L’Eleganza, una nobile arte dello spirito

Volgendo gli occhi a quegli uomini che tanto appaiono, tanto osano, tanto si definiscono eleganti, inevitabile la domanda: Quanti di loro racchiudono il proprio essere in ciò che indossano? Qual è l’esatto confine che s’interpone tra l’essere giustamente eleganti o impropriamente addobbati?

In un tempo in cui l’uomo assiste al progressivo affievolirsi degli alti valori, dispersi in un oceano di conformismo stereotipato e la società ipocrita si lamenta della propria ipocrisia, è sempre più difficile delineare i confini dell’eleganza che rende principi del proprio tempo. Quell’eleganza e grazia che costituiscono il più bell’ornamento di vita che un uomo possa indossare dopo la bellezza e la sincerità.

Una legge misteriosa, un modo di essere che non si esprime solo in ciò che è materialmente visibile, l’Eleganza è un’opera fine dello spirito, interamente composta di sfumature, non di apparenze. Un armonioso studio delle parti congiunto con l’originalità di una toilette graziosamente eseguita, fatta di esperienza estrema e complessa, senso del colore e della forma, sprezzatura, eloquenza dei gesti, delle parole e di cultura.

Come è ben noto, non si tratta solo di vestire,è un certo modo di impartire la propria essenza all’abito che s’indossa a fare l’eleganza. L’uomo elegante rifugge dalle cose comuni e dalle mode prescritte, in cui buon gusto e senso di misura sono fondamento e scintilla vivificatrice della raffinatezza, che mira al bello e al sublime. Il caro Lord Brummell richiama ad un’importante assioma dello stile, il ne quid nimis di un’eleganza che non deve mai farsi notare, estremamente curata, eppure quasi invisibile nella sua perfezione. In tale contesto anche il più piccolo dei dettagli, e in apparenza insignificante, si vestirà di luce abbagliante.

Nella sua più nobile forma, l’Eleganza, è governata da quelle stesse leggi che governano l’Arte. Come tale può essere gustata e giudicata nient’altro da quegli spiriti dotati di occhio molto sviluppato e profonda sensibilità verso la bellezza in ogni sua forma. L’uomo bello ed elegante suscita un fascino particolare e un puro piacere per l’esteta. L’uomo che vuol definirsi elegante deve, innanzitutto,  operare alla ricerca del sé medesimo, dei propri difetti ed errori che lo contraddistinguono e rendono unico. Unicità in cui le piacevoli istanze del buon gusto potranno prendere forma, nel rigore dell’assoluta armonia e ricercatezza.

Gli spiriti piatti e superficiali, barbari bianchi della sacra eleganza, utilizzeranno ogni mezzo per raggiungere l’eccellenza, ma non essendo dotati di quel sentimento necessario per raggiungerla, non saranno altro che miseri menzogneri di se stessi, inciampando continuamente nella leziosa eccentricità e nel falso dandismo. Il più pregiato abito sartoriale o la più impeccabile cravatta perfettamente annodata non sono in grado di camuffare la rozzezza e l’impaccio interiore. La raffinatezza esteriore, in apparenza ben curata e garbatamente composta, si frantuma sotto le suole di un paio di scarpe inglesi bel lucidate, se non è retta da quella interiore.

Sull’eleganza e le fogge del vestiario innumerevoli volumi sono stati scritti. Gli uomini che hanno raggiunto le più alte vette dell’eleganza sono coloro che hanno compreso quanto sia difficile definire e considerare fisse alcune sue regole. L’arte del vestire è da secoli simbolo di umane passioni, la cui preziosità richiede profonda personalità e capzioso stile individuale, asse interiore attorno cui i vari elementi dell’eleganza gravitano.

La vera Elegantia, dunque, è la risonanza interiore di un animo grande, capace di consacrare l’individuo nella sua originalità più diletta.

Pia Antignani

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Turning our eyes to those men who so appear, so dare, so they define themselves elegant, it’s inevitable the question: How many of them truly express themselves through what they wear? What is the exact border between elegance and vulgarity?

In a time when the man saw the gradual weakening of the high values, lost in an ocean of stereotyped conformism and  hypocritical society complains of its own hypocrisy, it is increasingly difficult to delineate the boundaries of elegance that make the principles of their own time. The elegance and grace that are the most beautiful ornament of life that a man can wear after the beauty and sincerity.

A mysterious law, a way of being that is expressed not only in what is physically visible, the Elegance is a order work of the spirit, entirely composed of shades, not appearances. A harmonious study of parties jointly with the originality of a toilet nicely executed, made to extreme and complex experience, sense of color and form, nonchalance, eloquent gestures, words and culture.

As is well known, elegance is not just dress, it’s a way of imparting his own essence to dress you wear to make elegance. The elegant man shuns common things and prescribed fashions, where good taste and sense of measure are the foundation and life-giving spark of refinement, which seeks the beautiful and the sublime. Lord Brummell draws to an important axiom of style, the ne quid nimis of elegance that must never be noticed, extremely careful yet almost invisible in his prime. In this context, even the smallest and seemingly insignificant details will put on high beam.

In its most noble form, the Elegance, is governed by the same laws that rule the Art. As such it can be enjoyed and judged nothing else to those spirits with well developed eye and deep sensitivity to beauty in all its forms. The handsome and elegant man evokes a special charm and a pure pleasure for the esthete. The man who wants to be called elegant must, above all, operate in search of himself, to search his own defects and errors that distinguish it and make it unique. Uniqueness in which the pleasant instances of good taste will take shape in the rigor of absolute harmony and refinement.

The surface and pates spirits, the White Barbarians of sacred elegance, will use any means to achieve excellence, but not being with that feeling before they reach, will be nothing but miserable liars of themselves, continually stumbling into simpering eccentricities and false dandyism. The finest tailored suit or the most impeccable tie perfectly knotted are not able to camouflage the coarseness and the embarrassment within. The refined exterior, apparently well maintained and gently composed, it shatters under the soles of a pair of English shoes beautiful polished, if not straight from the interior.

On the elegance and the styles of clothing countless volumes have been written. Men who have reached the highest peaks of elegance are those who understood how hard to define and consider some of its fixed rules. The art of dressing has for centuries been a symbol of human passions, whose preciousness requires deep captious personality and individual style, inner axis around which the various elements of elegance gravitate.

The true Elegantia, then, is the inner resonance of a great soul, able to consecrate the individual in his most beloved originality.

Pia Antignani