Settembre 1931. Il fine settimana capitolino, con la sua brezza di fine estate richiamava da ogni parte d’Italia nobili e gentildonne, signori e non signori da ogni angolo della nazione per assistere a quello che era diventato l’astro nascente della mondanità: le partite di polo, lo sport dei guerrieri e dei re, che d’un balzo avevano attraversato le piane mesopotamiche e le corti dei maharaja per giungere sulle sponde del Tamigi e del Tevere. Un gioco febbrile, che aveva investito l’Occidente con il suo carattere di emozionante spettacolarità. Contesto ideale, assieme alle corse al trotto e al galoppo, dove concludere affari all’ora del tè, respirare il sapore dell’elite aristocratica e…