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Le Mani di Napoli: Calabrese 1924

Se pensate che una semplice passione quotidiana non possa trasformarsi in un’azienda centenaria, allora non conoscete la storia di Calabrese 1924 e del suo fondatore, Eugenio.

Eccoci ad un nuovo appuntamento con Le Mani di Napoli.

Calabrese 1924

Eugenio Calabrese vantava un guardaroba composto da oltre trecento cravatte personali, una passione spasmodica che lo portava ad apparire sempre con una cravatta al collo, all’esterno ed all’interno delle mura di casa e che, negli anni, lo fece diventare il riferimento di parenti, amici e conoscenti, che abitualmente si recavano da lui per ricevere consigli di stile (e cravatte in prestito).

Da qui l’idea imprenditoriale di creare una bottega dedita alla produzione di cravatte artigianali, arrivata oggi alla quarta generazione con, a capo, Annalisa Calabrese.

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Umberto Cataldo De Pace, Annalisa Calabrese.

Intervista

Eleganza del Gusto: Quasi cento anni di cravatte Calabrese, qual è stato il periodo decisivo per l’attività?

Annalisa Calabrese: Di certo il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Per due ragioni: la prima è stata l’intuizione di mio nonno che, con l’aiuto di mio padre e di un operaio, riuscì a realizzare per la prima volta “la cravatta con le pences” (le tipiche pieghe che solitamente troviamo oggi, ndr), se l’avessimo brevettata oggi saremmo iper miliardari (ride).

La seconda ragione è legata all’essere stati in grado, in quel periodo, di tenere quasi il monopolio del mercato europeo. All’epoca c’erano pochissimi cravattifici e da bambina ricordo benissimo i regali che ci donavano i nostri clienti francesi, tedeschi e svizzeri. Era un primo accenno di internazionalizzazione.

EdG: Prima, seconda e terza generazione permettono al marchio Calabrese 1924 di consolidarsi. Poi tocca a lei farsi carico di questo nome importante.

AC: Il passaggio generazionale è stato complicatissimo soprattutto perché è avvenuto in un momento critico per il sistema moda. I figli dei nostri migliori rivenditori esteri diventavano piano piano avvocati, medici e non avevano la minima intenzione di portare avanti l’attività commerciale di famiglia. In aggiunta a questo c’era il decadimento iniziale della cravatta vista come accessorio indispensabile per l’uomo.

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Cravatte.

EdG: Come ha gestito questo passaggio?

AC: Il primo passo è stato alzare ulteriormente la qualità delle materie prime e delle rifiniture, distaccandoci, come abbiamo sempre fatto, dalle scelte di massa. Poi ho voluto una distribuzione adeguata alla storicità del marchio, andando così a posizionare le cravatte nei più esclusivi negozi del mondo. Infine, c’è stato un passo legato al portare sul mercato disegni e motivi d’ispirazione vintage, con colori attuali. Noi non abbiamo la possibilità di attingere ai nostri tessuti vintage, perché fortunatamente non abbiamo mai avuto avanzi di magazzino.

EdG: E poi arriva l’associazione Le Mani di Napoli. Perché ha deciso di prenderne parte?

AC: Per il riscatto di Napoli. Questa città ha un patrimonio culturale e sartoriale di altissima caratura, ma negli anni è stata bistrattata da tutti e, soprattutto, da alcuni stessi napoletani. È giunto il momento di tutelarci dall’interno, per risultare più forti e uniti fuori.

EdG: Cosa si aspetta dall’associazione?

AC: Mi aspetto e ci aspettiamo tanto. Se dovessi nominare un unico obiettivo, direi certamente che non si può parlare di quello che sappiamo fare senza fare in modo che questo duri nel tempo. Di conseguenza risulta necessario riavvicinare a questo mondo i giovani, per garantire continuità ad un patrimonio di eccellenza internazionale.

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Le Mani di Napoli: Calabrese 1924

If you think that a simple daily passion cannot turn into a century-old company, then you don’t know the story of Calabrese 1924 and its founder, Eugenio.

Here we are at a new appointment with Le Mani di Napoli.

Calabrese 1924

Eugenio Calabrese boasted a wardrobe made up of over three hundred personal ties, a spasmodic passion that led him to always appear with a tie around his neck, inside and outside the walls of the house and which, over the years, made him the reference relatives, friends and acquaintances, who usually came to him for style advice (and ties to borrow).

Hence the entrepreneurial idea of creating a workshop dedicated to the production of handcrafted ties, now in its fourth generation, headed by Annalisa Calabrese.

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Calabrese 1924.

Interview

Eleganza del Gusto: Almost a hundred years of Calabrese 1924 ties, what was the decisive period for the business?

Annalisa Calabrese: Certainly the period between the 60s and 70s. For two reasons: the first was my grandfather’s intuition who, with the help of my father and a worker, managed to make for the first time “the tie with pleats” (the typical folds we usually find today , ed), if we had patented it today we would be hyper billionaires (laughs).

The second reason is linked to having been able, in that period, to hold almost a monopoly on the European market. At the time there were very few tie makers and as a child I remember very well the gifts our French, German and Swiss customers gave us. It was a first hint of internationalization.

EdG: First, second and third generations allow the Calabrese 1924 brand to consolidate. Then it’s your turn to take charge of this important name.

AC: The generational transition was very complicated above all because it took place at a critical moment for the fashion system. The children of our best foreign dealers gradually became lawyers, doctors and had no intention of carrying on the family business. In addition to this there was the initial decay of the tie seen as an essential accessory for men.

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Annalisa Calabrese.

EdG: How did you handle this transition?

AC: The first step was to further raise the quality of raw materials and finishes, detaching ourselves, as we have always done, from mass choices. Then I wanted a distribution suited to the historicity of the brand, thus placing the ties in the most exclusive shops in the world. Finally, there was a step related to bringing vintage-inspired designs and patterns to the market, with current colors. We don’t have the possibility to draw on our vintage fabrics, because fortunately we never had leftovers.

EdG: And then comes Le Mani di Napoli association. Why did you decide to take part in it?

AC: For the redemption of Naples. This city has a cultural and sartorial heritage of the highest caliber, but over the years it has been mistreated by everyone and, above all, by some Neapolitans themselves. The time has come to protect ourselves from within, to be stronger and more united on the outside.

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EdG: What do you expect from the association?

AC: I expect a lot. If I had to name a single goal, I would certainly say that we cannot talk about what we are able to do without making it last over time. Consequently, it is necessary to bring young people closer to this world, to guarantee continuity to a heritage of international excellence.

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